"Shooting fotografico" Yosemite National Park, California, U.S.A
É ormai di un anno fa la notizia che il Jackson Hole Travel & Tourism Board (Wyoming, U.S.A) ha iniziato una campagna per invitare i visitatori a geo-localizzare in modo responsabile le foto delle proprie escursioni nell'area, ma il dibattito è ancora aperto. La campagna dal titolo “Tag locations responsibly. Keep Jackson Hole wild” è una importante presa di posizione da parte di una istituzione pubblica, su un argomento già ampiamente discusso sui social, che sono bersaglio di questa campagna, oltre che principale teatro della discussione stessa.
Il dibattito è proprio sul fatto che geo-localizzare foto di mete escursionistiche e meraviglie naturali remote e poco note sui social, in particolare Instagram, possa mettere a repentaglio la conservazione di certi luoghi, finora incontaminati e protetti proprio perché poco conosciuti. Oppure semplicemente rendere troppo popolari località che non sono preparate a sopportare un’elevata pressione turistica.
Durante un recente viaggio negli Stati Uniti ho potuto verificare di persona quanto molte persone viaggino per fotografare, anzi per fotografarSI, riducendo luoghi di inimmaginabile bellezza in set fotografici, dove si è quasi perso il senso di osservare, di un guardare che non avvenga attraverso lo schermo di uno smartphone.
Fonte foto: www.repubblica.it
Basta una valanga di like su un post per rendere enormemente popolare una location, basti pensare a quanto accaduto un paio di estati fa (luglio 2017) in una zona del Canton Ticino, dopo che un gruppo di ragazzi avevano pubblicato un video, dove raccontavano delle acque cristalline di un fiume, il video è subito diventato virale e la Val Verzasca presentata sui giornali locali come le “Maldive di Milano”.
4 BUONI MOTIVI PER "DEMONIZZARE" LA GEO-LOCALIZZAZIONE SUI SOCIAL
- Rapido incremento dell’affluenza di visitatori a cui una località potrebbe non essere preparata.
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Erosione dei sentieri
Sempre più spesso l’attenzione dei visitatori in una data località viene veicolata dai social media, e alcune mete diventano più popolari di altre, così facilmente ci si può trovare a camminare in sentieri affollatissimi, perché hanno raggiunto popolarità sui social, magari grazie alla foto di un lago che si trova al termine del percorso. -
Disturbo della fauna selvatica
Spesso geo-localizzare le proprie foto è abitudine anche di fotografi naturalistici, perché questo le rende più facilmente reperibili in rete, ma rende anche disponibili a migliaia di altre persone le coordinate esatte delle aree dove certe specie si trovano e si radunano. Per non parlare dei rischi legati al bracconaggio (durante i Safari, ad esempio, viene spesso scoraggiata la geo-localizzazione in caso di avvistamento di grandi mammiferi). Un afflusso di fotografi in aree sensibili, per quanto possa apparire innocuo può recare grande disturbo alla fauna selvatica. -
Escursionisti improvvisati che si avventurano alla ricerca di una meta popolare
Non è una novità che qualcuno si incammini in natura senza la dovuta preparazione, ma è vero anche che questo fenomeno sta aumentando, come conseguenza della geo-localizzazione di luoghi remoti e incontaminati. Social come Intragram consentono di visualizzare le coordinate di un luogo senza uscire dalla App, e non è raro vedere escursionisti che seguono ciecamente un puntino su google maps, come se stessero cercando un nuovo ristorante nel centro di Milano. La popolarità dei tag su scenari mozzafiato porta sui sentieri persone che non sempre sono escursionisti autonomi e consapevoli. Si vedono spesso persone indossare calzature inadeguate a certi tipi di percorso, e impreparate ad affrontare qualsiasi genere di imprevisto.
Questo è un serio problema soprattutto nei grandi parchi degli Stati Uniti, in Italia il vero wilderness è una faccenda per appassionati del genere, tuttavia non è impossibile perdersi nel bosco e in montagna bisognerebbe avventurarsi solo se ben preparati o accompagnati da una guida.
Naturalmente questo ultimo punto è quello più criticato, accusando gli appassionati di escursionismo e di montagna di essere snob ed egoisti, di non voler condividere la bellezza della natura, e si sente sventolare una specie di slogan che recita più o meno “la natura è di tutti”.
IL PARADOSSO DI TROLLTUNGA: un perfetto cattivo esempio
Trolltunga, Norvegia. Come siamo abituati a vederla sui social.
Trolltunga, Norvegia. La fila per poter scattare la tanto agognata foto per i social.
Avete notato quanto sono popolari su Instagram foto con le gambe penzoloni da falesie strapiombanti?
Trolltunga è un perfetto esempio di tanti di questi fenomeni, lunghe file per avere la foto uguale a tutti gli altri, 166.000 menzioni su Instagram, molte delle quali riguardano foto con le gambe penzoloni da un dirupo di 700 m.
"GEO-TAGGING MINDFULNESS": 4 mosse per geo-localizzarsi in modo responsabile
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Usare un tag generico, indicando una regione o una provincia
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Non taggare affatto località dove l’ecosistema è fragile, o sensibile, e che un grande flusso di visitatori potrebbe
mettere a rischio. Domandati prima se una certà località avrebbe le risorse per ospitare un elevato numero di visitatori.
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Mostrare la realtà. Se un luogo è affollato, mostrare le persone. Non “barare” ritagliando fuori l’orda di pollici impazziti intenti a scattare la tua stessa
identica foto (vedi “Paradosso di Trolltunga.
- Pensa che puoi avere più influenza sugli altri di quanto immagini ed evita di scattare foto dove sembra che il soggetto sia sull’orlo di uno strapiombo o peggio ancora di pubblicare foto scattate realmente sull’orlo di uno strapiombo. Questo incoraggia altri a fare lo stesso.
LA RISPOSTA? CONSAPEVOLEZZA
Non si tratta di rendere l’escursionismo elitario e sofisticato, si tratta di sicurezza in montagna e in natura in generale. Ed aggiungo che a parer mio no, la natura non è di tutti. O meglio è di tutti, ma non per tutti. Per ogni luogo c’è un codice di comportamento, e necessità di consapevolezza della propria posizione nel mondo e della potenziale influenza sugli altri che possono avere i nostri comportamenti. Come non si può urlare blasfemie in chiesa, così ci sono comportamenti da evitare in natura.
Quello che si dovrebbe perseguire è l’educazione al contatto natura, non l’accessibilità a tutti i costi degli ambienti naturali. La conservazione della natura e della biodiversità, il benessere della fauna selvatica vengono prima di un like, prima di un post su Instagram. E spesso sono proprio loro, i travel blogger che inseguono foto acchiappa-like, visitano un luogo perché è un “must-shot” e si trovano lì con la loro gonnellina di cotone, gli occhialoni e un cappello enorme solo per quello, per quella unica foto.
IL CONSIGLIO DELLA GUIDA
Può capitare di essere in un Parco Nazionale dove ogni panorama è uno scorcio di rara bellezza, ma la maggior parte delle persone sceglie gli itinerari più battuti, più conosciuti. C'è un fascino enorme anche, e forse soprattutto, nei luoghi che non hanno nessun hashtag su Instagram. Non andate a caccia "della foto", andate a caccia di emozioni, di panorami da guardare solo con gli occhi. Informatevi, cercate una mappa, chiedete agli abitanti del luogo, ai guardiaparco, al centro visite, a una guida. Siate consapevoli di dove siete, sempre!
E continuate a farvi foto cretine come questa... ma non mettete un geo-tag e... Non vi dirò mai dov'è questo lago!
**Per le foto di Trolltunga si ringrazia Rosanna Mak.
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